Il mito di Prometeo mi ha sempre affascinato e, nello stesso tempo, sollevato una serie di riflessioni e dubbi, tant’è che vi scorgo più spesso delle coincidenze, o similitudini, o quant’altro, tra questo mito e la caduta dell’angelo Lucifero. Prometeo è un titano, una di quelle forze della natura che Zeus ha domato e ordinato ma è, anche, la natura stessa dove si aggira un genere umano regolato più da un istinto primordiale, animale, che dall’intelletto.
Lucifero è stato descritto come l’angelo ribelle, colui che per orgoglio, secondo la tradizione biblica e cristiana, si avvicina alla luce di Dio, volendo essere simile a lui, e per questo, condannato all’oscurità eterna. La ribellione contro Dio, è letta come “male”, quindi Lucifero, nel corso dei millenni, ha assunto la figura, l’immagine, antropomorfizzata, del male.
Molto spesso, quello che definiamo “mito”, rappresenta un’intima proiezione atta a definire uno stato di cose, natura o altro, non altrimenti decifrabile con gli strumenti tecnici-scientifici a nostra disposizione e dove anche la speculazione filosofico-metafisica, inciampa e resta muta, oppure, hegelianamente, lascia una porta aperta. Sempre troppo spesso, nei nostri giudizi, valutazioni o altro, siamo condizionati dal retroterra culturale-religioso che ci portiamo addosso e che anche una in parte, sofferta e convinta dichiarazione di laicità si arena di fronte a quel “mito” che da millenni, imperversa, sia esso trasposto in tragedie, drammi o altro.
Probabilmente è stata la curiosità del significato dei nomi e, nello stesso tempo, la direzione degli sforzi dei suoi supposti protagonisti, Prometeo e Lucifero, a dare impulso ad una riflessione che deve, o dovrebbe, essere svincolata da ogni legame religioso o, in ogni modo, fare riferimento ai fatti; questi ultimi intesi come un’analisi quasi minuziosa della leggenda e del “mito”.
Prometeo (colui che prevede), è stato definito il progenitore del genere umano, cioè colui che ha portato l’umanità fuori da una condizione di pura animalità, conducendola, attraverso la scoperta del fuoco, nel riconoscimento, scoperta, del proprio “io” intellettivo ed “umano”, inteso come “io” pensante e quindi capace di proporsi e porsi problemi e la capacità, attraverso ragionamenti a volte complessi, di risolvere, o almeno incamminarsi, sulla strada della loro soluzione.
Il fuoco è luce e calore, ma anche aggregazione intorno ad un falò, dove la danza della fiamma, ipnotizza, stimola la parola, il racconto, il confronto d’idee e fa riflettere sul proprio stato. Il buio, rischiarato dalla luce del fuoco, stimola domande che chiedono risposte. L’esistenza, intesa come semplice sopravvivenza, non basta più ad un genere umano che inizia a guardarsi intorno, ed è in questo “intorno” che lui, impara a riconoscersi. Un “intorno” fatto di propri simili, che imparano a riconoscersi con la parola, e con lei esprimere emozioni,fatte di paura, dolore e rabbia, ma anche d’affetto, e sentimenti condivisi.
Prometeo ebbe pietà del genere umano e, per questo, condannato ad un eterno supplizio: un’aquila si nutre del suo fegato (tra gli antichi, considerato la sede della forza e del coraggio, e sede dei responsi divini), che nella notte ricresce per poter essere di nuovo divorato. Potremo, qui, leggervi la metafora di un genere umano che non s’arrende alla furia di un divino offeso perché l’umanità ha osato alzare la testa e ricevere un dono che l’avvicina, di fronte al resto della natura, più a lui che al resto del creato. Nulla può la mano divina (l’aquila) cancellare il progenitore del genere umano e, con lui, il resto dell’umanità. Il fuoco, ha posto l’umanità in condizione di difendersi a prezzo di un dolore infinito che sopravvive negli odî, nelle incertezze e nelle paure che, da ataviche, continuano da millenni a seguirla.
Lucifero (portatore di luce), è l’angelo più splendente. Secondo una tradizione pre-cristiana è associato all’Aurora ed a Venere, la stella del mattino. In Isaia (14:4,12) è associato a Nabucodonosor (“….come sei caduto dal cielo Lucifero, figlio dell’Aurora?”). San Girolamo ed altri dottori della Chiesa, lo associano a Satana (l’avversario). Ecco, quindi, il significato che lo colloca, questo sì, nella dimensione religiosa. Il nome Lucifero ha, a mio avviso, un significato più ampio, che lo fa disporre nel tempo e nello spazio, andando, al pari di Prometeo, oltre il mito. Lucifero, non è, com’è fatto credere, “il luminoso” ma colui che porta la luce, e questo potrebbe essere inteso sia come portatore di luce d’intelletto che rischiara le tenebre dell’ignoranza, sia come di luce di un intima consapevolezza che rende l’uomo diverso ma non dissimile, da ogni altra creatura vivente.
Il mito d’Adamo ed Eva nel Paradiso Terrestre che, mangiando il frutto, ebbero la capacità di discernere il Bene dal Male, ben s’affianca a quello di Prometeo, dove il fuoco, ha preso il posto del frutto proibito. Differentemente dal Mito di Prometeo, rimasto più che altro a livello letterario, quello di Lucifero si è evoluto, avendo ricevuto impulso dalla speculazione teologica sulla genesi del male; da qui l’associazione con Satana, l’avversario. La ribellione ai voleri di Dio, è letta come la prima disobbedienza, a cui segue una punizione esemplare, vista come la cacciata dal suo cospetto e la condanna all’oscurità eterna.
Secondo una leggenda, qui la similitudine con il mito di Prometeo, Lucifero ed i suoi ebbero pietà del genere umano, costretto a vagare sulla terra, e chiesero agli altri angeli più vicini a Dio, d’intercedere per gli uomini, affinché fosse loro data la possibilità d’uscire dall’oscurità. Gli altri angeli, dice la leggenda, troppo persi nella contemplazione della maestà di Dio, non riferirono la supplica, cosicché Lucifero ed i suoi, disobbedendo, scesero sulla terra portando “luce” all’umanità; in questo sostituendosi a Dio, come Prometeo si era sostituito agli dèi, disobbedendo e ritenendosi pari a lui. Continua la leggenda che Dio, venuto a conoscenza dell’opera di Lucifero, condannò, lui ed i suoi a vivere sulla terra tra gli umani.
La caduta nell’oscurità dovrebbe essere letta in questa chiave: non sottoterra, ma dalla luminosità eterna dell’immagine di Dio, la caduta, avviene sulla terra, tra gli umani e le loro paure e quindi, rispetto a prima, nel buio più assoluto. La similitudine dov’è? Secondo il mito, ambedue ebbero pietà degli uomini. Per far questo, disobbedirono ai voleri divini, sostituendosi alla divinità, e pagando per questo ma, se da una parte il mito di Prometeo resiste in chiave positiva, in questo aiutato dalla sua collocazione tra i miti e le allegorie classiche, per Lucifero la questione è diversa. Ambedue dettero origine al genere umano, con le sue imperfezioni, paure, dolori. Le religioni monoteistiche si muovono su un dualismo imperfetto, tra la lotta del Bene ed il Male, dove, alternativamente, vince l’uno o l’altro. Diversamente dai greci antichi che assegnavano una divinità ad ogni manifestazione della natura, il monoteismo assegna Dio al Bene e Lucifero (Satana, l’avversario) al Male ma resta che attraverso il mito, ambedue le manifestazioni, Prometeo e Lucifero, hanno pari valenza nei confronti del genere umano.
Dio è inteso come Bene assoluto, ed illimitata perfezione, le sue vie sono imperscrutabili, come l’immagine ed i disegni che, sebbene possano essere tortuosi ed incomprensibili, portano sempre al bene. Lucifero, invece, rappresenta il libero arbitrio, la disobbedienza ad una via che, per quanto imperscrutabile, è diretta al Bene e che non è concesso a lui conoscere. Ribellandosi a Dio ma, soprattutto, cercando di sostituirsi a lui, commette un’empietà, da qui l’identificazione con il Male assoluto. Differentemente da Prometeo, la figura di Lucifero, è stata assorbita, metabolizzata, dalla filosofia, prima e dalla teologia, poi, giungendo fino a noi come l’immagine negativa per eccellenza. Sicuramente il mito lascia ampi spazi di riflessione, al di fuori d’ogni schema religioso, non ultimi quelli che riconducono ai perché del Male e del Bene.
Ambedue, Prometeo e Lucifero e secondo il mito, hanno portato l’umanità a riflettere su se stessa, offrendo uno strumento di conoscenza, ed anche la capacità di saper discernere ciò che è Bene da ciò che è Male, ma, per quanto riguarda “l’uso” dell’uno o dell’altro, hanno lasciato quello che è il “libero arbitrio”, o meglio, hanno offerto gli strumenti ma lasciando l’opportunità di scelta. Il modo come l’umanità lo sta facendo non può essere, se si vuol seguire il mito, addossato né all’uno, né all’altro.